venerdì 21 dicembre 2007

Christmas Carol

Con questo video

PATAVIUM EXPLORERS TEAM

vi augura un

FELICE NATALE

ed un

PROSPERO ANNO NUOVO

Riprese e montaggio: 2007 - Alberto Barotti - all rights reserved. Per qualsiasi utilizzo del video, al di fuori della semplice visione su questo blog, contattare l'autore

martedì 11 dicembre 2007

TOSSICITA' DELL'OSSIGENO

Argomento che si può definire abbastanza scottante, viste le notevoli implicazioni che questa caratteristica dell'ossigeno, ovvero di diventare tossico per l'organismo in determinate condizioni, si riflette in maniera imprescindibile sui limiti, in termini sia di profondità che di tempo, che dovremo dare alle nostre immersioni. E per quanto non ci si faccia molto caso, ritenendolo sempre un problema che può capitare "agli altri, ma non a me", in realtà è un problema che interessa obbligatoriamente tutti...non solo i tek divers o chi è solito fare imersioni impegnative che esulano dal ricreativo, ma riguarda anche i "rec divers" che scendono in NITROX.
Diventa a questo punto (oltre ovviamente a seguire corsi specifici) essenziale conoscere esattamente la composizione della miscela con cui ci immergeremo, per poterne stabilire e rispettare quindi i suoi limiti operativi.
L'argomento è sicuramente molto vasto e a tutt'oggi per certi versi ancora discussoc e quindi non pretendiamo qui di darne una trattazione esaustiva, ma solo alcuni punti di riferimento.
Iniziamo subito col dire che l'ossigeno in realtà non ha un limite di "profondità" a cui può essere utilizzato in sicurezza e oltre il quale può dar luogo a tossicità. Questo limite invece è in funzione della Pressione Parziale dell' Ossigeno (pPO2). Una volta conosciuto codesto limite potremo ricavare la profondità limite per ogni miscela, vedendo che questa può essere la più disparata, a seconda della frazione di O2 contenuta in essa.


Facciamo un esempio. Il limite di tosscità al Sistema Nervoso Centrale (vedi oltre) si può considerare fissato in 1,6 bar di pPO2, secondo i limiti NOAA di cui appresso.


Dato questo limite vediamo come....
  • l'Ossigeno puro (100% O2 nella miscela) diventa tossico a 6mt, dove avremo una pressione assoluta di 1,6 bar (1 di aria, 0.6 dell'acqua)


  • l'Aria (21% O2 e 79% N2) diventa tossica a 66mt (7,6ata)


  • l'EAN32 (32% O2 e 68% N2) diventa tossico a 40mt (5ata)


  • l'EAN36 (36% O2 e 64% N2) diventa tossico a 34mt (4.4ata)


Quindi come si può chiaramente intuire il limite è ampiamente variabile in funzione della miscela respirata, il che ci permette quindi di poter stabilire che esiste una Best Mix per una determinata immersione che mi permetta contemporaneamente di:

  • mantenermi entro i limiti di tossicità

  • massimizare la frazione di O2 in modo da ridurre l'N2 per l'mitare sia l'assorbimento di questo che la narcosi
TOSSICITA’ DELL’OSSIGENO

Ø O2 è il gas che permette la sopravvivenza delle cellule dell’organismo
Ø In ambiente normobarico la pressione parziale di tale gas nell’aria che respiriamo è pari a 0,21bar.
Ø Al di sotto di tale pressione si incorre nell’ipossia, problema veramente trascurabile per immersioni ricreative/avanzate.
Ø Problema di cui tener conto in immersioni tecniche in cui si utilizzino miscele ipossiche a 1ata
Ø Al di sopra di 0,21 bar si incorre, a partire da pressioni parziali di 1,6 bar nell’IPEROSSIA
Ø Problema riguardante immersioni profonde in aria o immersioni in nitrox

IPEROSSIA AL SNC (acuta)

Ø Si manifesta quando l’ossigeno viene respirato a pressioni parziali troppo elevate o per tempi di esposizione eccessivi (vedi tabella NOAA)
Ø Il cosiddetto “CNS clock” indicato dagli studi NOAA ci indica il tempo massimo di esposizione ad una data PO2 per evitare l’iperossia.
Ø Chi spinge oltre questi limiti si trova in una situazione di gravissimo rischio.
Ø COME?
Ø L’ossigeno entra nell’organismo tramite la respirazione.
Ø Nei polmoni viene raccolto dal sangue (emoglobina) e trasportato ai tessuti
Ø Nei tessuti l’emoglobina cede O2 e si lega a CO2
Ø Lo scambio avviene per differenza di pressioni parziali
Ø Nel caso di iperossia l’ossigeno si trova all’interno dell’organismo in quantità troppo elevate.
Ø Alterazione degli scambi nei tessuti.
Ø L’emoglobina cede ossigeno alle cellule, ma invece di legare anidride carbonica lega nuovamente ossigeno perché la pp di quest’ultimo è superiore alla ppCO2
Ø Parte dell’ossigeno alimenta le celle, altra parte entra in soluzione nel plasma sanguigno (legge di Henry*)
Ø Risultato anidride carbonica non espulsa
Ø QUINDI?
Ø Possiamo dire che in realtà si ha un avvelenamento per eccesso di anidride carbonica dovuto ad eccessiva quantità di ossigeno presente.
Ø
* Ogni volta che un gas entra in contatto con un liquido tende a entrare in soluzione nel liquido stesso. In continuazione molecole di gas entrano in soluzione nel liquido ed altre escono dalla soluzione.Questo finche la pp del gas che entra è pari a quella del gas che esce. Quando non ci sono più scambi si dice che il liquido è saturo. Henry dice che la quantità di gas che si scioglie nella soluzione è direttamente proporzionale alla pressione parziale del gas”

SEGNI/SINTOMI

Ø La sintomatologia non appare sempre, ovvero si possono avere crisi improvvise, senza preventivo sopraggiungere di sintomi
1. Brachicardia
2. Disturbi visivi
3. Disturbi acustici
4. Visione a tunnel
5. Vertigini
6. Nausea
7. Vomito
8. Contrazione dei muscoli facciali (paralisi)
9. Sincope
10. Convulsioni
Ø Possono essere confusi con sintomi di narcosi
Ø Generalmente l’insorgenza dei sintomi precede di pochissimo una crisi convulsiva, che spesso è l’unico sintomo. FATALE
Ø Non è grave in sé ma in acqua provoca morte indiretta per annegamento
Ø Unico rimedio PREVENZIONE
Ø L’insorgenza può essere accelerata da:
1. Eccesso di anidride carbonica
2. Freddo
3. Predisposizione individuale
4. Ripetute esposizioni*
Ø In caso di insorgenza di sintomi/crisi, portare il sub a profondità inferiore
Ø Uscita immediata dall’acqua
Ø Il soccorritore corre egli stesso il rischio di crisi

*al contrario di quello che succede con la narcosi, ovvero la capacità dell’organismo di adattarsi alla narcosi con ripetute immersioni profonde, la ripetuta esposizione ad elevate pressioni parziali di ossigeno per lunghi tempi provoca sensibilizzazione e quindi un possibile insorgere di crisi a pressioni anche inferiori a 1.6ata

IPEROSSIA POLMONARE (cronica)

Ø Non pertinente alla subacquea ricreativa/avanzata/tecnica
Ø Si ha in caso di lunghissime esposizioni a pressioni parziali di ossigeno anche non elevate, basta che siano >0,5 ata (es. lavori in saturazione, terapie ricompressive, remote possibilità anche per decompressioni molto prolungate)
Ø Sintomi: dispnea,tosse secca
Ø Sospendere la somministrazione di ossigeno a pressioni parziali superiori a 0,21 bar
Ø La sensibilità a tale sindrome aumenta proporzionalmente all’aumentare delle esposizioni.
Questo giusto per capire un attimo il meccanismo con cui si innesca la tossicità.

Quanto alla domanda da cui siamo partiti, concludiamo dicendo che la maggior parte degli studi in materia sono stati fatti dalla immancabile US Navi, dalla Royal Navy e dal NOAA.Da tali ricerche, del NOAA in particolare,si è giuti a stabilire 1,6 bar come il "limite di esposizione a pPO2 per immersioni lavorative". Il limite in realtà è DUPLICE, perchè oltre che dalla pPO2 si è limitati anche dal tempo di esposizione a tali pressioni, secondo la tabella NOAA seguente:



Come si vede chiaramente dalla tabella, a 1,6 bar di pPO2 il tempo di esposizione può essere di soli 45 minuti, trascorsi i quali è altamente probabile l'insorgenza di una crisi convulsiva.

D'altro canto NESSUNO POTRA' MAI GARANTIRVI CHE A 1,6 bar DI pPO2 FILI SEMPRE TUTTO LISCIO. TALE LIMITE E' DA CONSIDERARE FORTEMENTE SOGGETTIVO E PER QUESTO ANDREBBE EVITATO.

A ben vedere la maggior parte delle didattiche ricreative, nei loro corsi NITROX scindono il limite di esposizione all'ossigeno in due: un limite che potremmo definire operativo, che solitamente è fissato a 1,4 bar pPO2 ed un altro di emergenza che è appunto il fatidico 1,6. tabella alla mano vedrete subito che a 1,4 bar il limite "vola" a 150 minuti... di certo molto più sicuro per la maggiorparte dei sub che solitamente si accorgono della profondità a cui si trovano solo quando cozzano contro il fondo. E' quindi comprensibile che didattiche come PADI, SSI e altre pongano la barrirera operativa dei NITROX a 1,4 bar, dimodo che anche il subaqueo mediamente sbadato (e vi posso garantire che sono la maggioranza) sfori tale limite, si trovi comunque ancora all'interno di un certo margine di sicurezza.

D'altro canto didattiche tecniche "pure" (ossia fuori dal mercato del ricreativo) fissano il limite di utilizzo dell'ossigeno proprio a 1,6 bar. Tale scelta, se da alcuni non condivisibile, trovo si perfettamente comprensibile, vista la tipologia di immersioni (e di subacquei) a cui tali didattiche si rivolgono. Il subacqueo tecnico, ha (o dovrebbe avere, lo si spera per lui) la mentalità e la capacità di rispettare rigorosamente i limiti. Se l'immersione è pianificata a 60mt, poniamo caso, tale limite sarà invalicabile, nè saranno scusanti la profondità, la narcosi o il tesoro che si trovava soli 5 metri più sotto. Esiste un solo limite, ed è sempre contingente. Bene se veramente si ragiona con persone di tal fatta e realmente precise nell'eseguire le pianificazioni, allora è comprensibile poter "spingere" al limite sulla pPO2 per poterne spremere tutti i vantaggi in dermini di aumento dei tempi di fondo, ridotto assorbimento di N2 e quant'altro.

Un'ulteriore situazione di compromesso, intelligentemente dettata dalla differenza di situazioni fsiche in cui si trova il subacqueo è quella di limitare l'utilizzo di miscele a pPO2 1,6 bar solo nelle fasi di decompressione, in cui, appunto, il subacqueo è in condizioni quasi di riposo e può quindi sopportare più facilmentetali pressioni elevate, limitando invece la pPO2 a concentrazioni più basse nella parte di fondo, o comunque operativa dell'immersione.

giovedì 29 novembre 2007

Argentario

Questa volta cambiamo posto...ecco un breve spaccato dei fondali dell'Argentario (Secca di Zi'Paolo, Formica 3, Cala di Pietra Bona e Scoglio del Corvo)!

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lunedì 26 novembre 2007

TREMITI 3

E adesso dopo tanta teoria concediamoci qualche altro piacevole scorcio di Tremiti....















domenica 25 novembre 2007

PULIZIA A OSSIGENO - ATTREZZATURE


BOMBOLE

Normalmente, la pulizia delle bombole subacquee e di stoccaggio viene effettuata dai grossi centri di ricarica che offrono anche servizi di controllo, manutenzione e collaudo idrostatico. Utilizzare questi centri è sia più economico che più sicuro, ma se ciò non fosse possibile, allora si possono pulire le bombole utilizzando le seguenti procedure. Come prima cosa, la bombola viene sottoposta ad una ispezione visiva alla ricerca di impurità, parti corrose o altri contaminanti. Se vi è presenza di corrosione superficiale, è necessario eseguire una sabbiatura o un'altra simile procedura di pulizia (spazzolatura, idrosabbbiatura o barillatura). La bombola deve quindi essere lavata internamente con detergente; questi vanno poi ispezionati per verificare eventuali variazioni del colore originale della soluzione o presenza di elementi contaminanti. Nel caso di bombole di alluminio, attenersi alle specifiche di compatibilità dei prodotti con i vari detergenti in uso. Il tutto va ripetuto finché non si notano più variazioni nelle caratteristiche della soluzione pulente. La bombola va quindi asciugata con aria priva di olii in sospensione o con azoto. Infine, un'ispezione visiva finale interna verifica il processo di pulizia. E’ molto importante assicurarsi che tutto il solvente sia stato rimosso dall'interno della bombola. Un lavaggio completo con acqua calda a pressione risulta efficace per la rimozione dei solventi. In alternativa, si può pressurizzare più volte a una decina di bar la bombola, con aria, finché l'odore di solvente non sia scomparso del tutto.

RUBINETTERIE


Queste vanno disassemblate e pulite da calcare e corrosione tramite bagno in acido. I componenti vanno quindi lavati solvente e detergente usando spazzolini, pennelli e cotton fiock ed infine asciugati con Super pro Wipes. Il tutto deve poi essere abbondantemente risciacquato per eliminare ogni traccia di solventi e detergenti. I componenti soffici, come 0-rings, battute e guarnizioni di sicurezza, possono essere puliti allo stesso modo.
Se le parti non metalliche non sono adatte all'uso con l'ossigeno, è necessario sostituirle. Sono reperibili o-ring in Viton praticamente di ogni misura, e molte case produttrici di attrezzature forniscono kit completi per la trasformazione delle loro rubinetterie ed erogatori per il servizio a ossigeno.
Per la lubrificazione si usano grassi quali il Christolube della Lubricant Technologies, l'Oxy One, il Ktytox della Dupont, il Fomblin della Montedison, l'Halocarbon della Halocarbon Products, il Fluorube della Hooker o il Tribolube della Aerospace Lubricants. E' bene lubrificare le filettature delle rubinetterie prima di montarle. Spesso, la frizione che si verifica durante il montaggio delle rubinetterie libera delle particelle di metallo che potrebbero costituire un pericolo. Un'aggiunta di grasso in queste zone contribuisce a contenere queste particelle oltre a controllare la corrosione nel punto di contatto tra bombola e rubinetteria.

EROGATORI


Le procedure di pulizia degli erogatori sono le stesse previste per le rubinetterie, a parte alcune considerazioni sulle parti soffici. Alcuni erogatori impiegano componenti in nitrile (buna-N) ed altri materiali che non sono indicati per l'impiego in sistemi per ossigeno. Se non fossero disponibili componenti sostitutive in materiali ossigeno compatibili, sarà necessario scegliere un altro erogatore. E' anche da considerare se la componente sarà esposta alla pressione della bombola o alla pressione intermedia; anche se il secondo stadio e tutta la sezione di bassa pressione del primo stadio devono essere pulite, materiali come il buna, pur non costituendo l'ideale, sono accettabili in queste zone. Verificare sempre, sul libretto di istruzioni degli erogatori, se essi sono compatibili con i sistemi di lavaggio sopradescritti.


TRUCCHI & CONSIGLI
  • Se necessitate di una pulitura per utilizzo con O2 puro è preferibile affidarsi ad un centro specializzato, a meno che non sappiate veramente quel che fate;
  • La pulizia artigianale può lasciare delle tracce di grasso o altre impurità non visibili ad occhio nudo, quindi usate guanti quando lavorate e possibilmente alla fine del lavoro utilizzate una luce di Wood (lampade nere) per accertarvi dell'assenza di contaminanti;
  • Tra i prodotti oggi reperibili sul mercato, in sostituzione di quelli indicati nel manuale e oggi, fuorilegge, si possono utilizzare detersivi (tipo quelli per i piatti) per la fase di lavaggio e sgrassaggio, prodotti come Viakal, WCnet o Cillit Bang per rimuovere le incrostazioni (immergere solo le parti metalliche PER BREVE TEMPO, onde evitare che venga corrosa la cromatura);
  • Per le pulizie più accurate si possono utilizzare altri prodotti come soda caustica o percloro, tenendo ben presente la POTENZIALE PERICOLOSITA' di tali prodotti;
  • Per utilizzo con basse percentuali di ossigeno, tra il 40 e il 60% se non siete in grado di reperire o-ring in viton, potete utilizzare quelli originali, perfettamente sgrassati e lubrificati con un prodotto O2 compatibile, ma tenete presente che deperiranno molto in fretta e necessiteranno di frequente sostituzione;
  • Se non siete sicuri di ciò che state facendo....non rischiate e affidatevi a personale specializzato!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

La soda può essere efficacemente usata per la pulizia delle bombole.

giovedì 22 novembre 2007

PULIZIA A OSSIGENO - Le fasi di lavaggio


PRELAVAGGIO

Le tecniche per il prelavaggio dei componenti sono simili alle tecniche standard utilizzate nelle normali procedure di manutenzione effettuate dai centri specializzati in attrezzature subacquee. Tutti i componenti vengono smontati e sottoposti a bagni acidi, alcalini o detergenti per rimuovere tutte le impurità superficiali. Componenti di una certa dimensione, come parti di compressori o booster possono essere trattati con uno o più cicli di una comune lavastoviglie. Riuscire a rimuovere con successo tutti gli elementi contaminanti è più importante del particolare metodo di prelavaggio utilizzato.

LAVAGGIO INTERMEDIO

La fase successiva di lavaggio intermedio viene a volte omessa o combinata con la fase finale di lavaggio e assemblaggio, in funzione del grado di pulizia richiesto e del grado di efficacia raggiunto nella fase di prelavaggio. Mentre i bagni acidi e alcalini hanno la funzione di eliminare varie impurità tra le quali anche alcuni grassi e olii, questa fase ha come scopo primario quello di sgrassare completamente i componenti. Le procedure utilizzate includono il lavare, strofinare e asciugare usando bagni solventi e detergenti, cotton fiock o carta assorbente. Sistema eccellente per questi propositi è quello di utilizzare una macchina per il lavaggio a ultrasuoni. Durante tutta l'operazione di lavaggio va posta attenzione anche all'esaurimento o contaminazione del prodotto utilizzato per la pulizia,sostituendolo con dell'altro nuovo, se necessario. Tutti i fluidi di pulizia vanno accuratamente rimossi con lavaggio e i componenti vanno quindi asciugati. La pulizia, l'ispezione e l'assemblaggio finali hanno lo scopo di rimuovere ogni residuo di olii, grassi, peli, particelle di ossido, granelli di sporco e altri elementi contaminanti. I componenti vanno ispezionati accuratamente per controllare il livello di pulizia e quindi protetti da ricontaminazione prima e durante il riassemblaggio. Le tecniche di ispezione prevedono principalmente l'osservazione del componente sotto una forte luce bianca. Particelle non visibili a occhio nudo sono generalmente accettabili. La quantità e la dimensione delle particelle tollerate per unità di superficie sono specificate in molti standard militari e commerciali. In questa fase gli sforzi devono essere volti al non avere particelle visibili a occhio nudo. Questo non è un livello di pulizia particolarmente difficile da ottenere, dato che generalmente i componenti sono piccoli ed accessibili. E’ possibile anche asciugare i componenti tramite degli strofinacci bianchi che non lascino peli, che possono poi essere osservati per verificare l'eventuale presenza di tracce di contaminanti. Questa tecnica è particolarmente utile nel caso si debbano controllare parti non visibili. Un ulteriore test può essere effettuato tramite l'uso di una luce "nera" o di Wood. Olii, grassi, peli e molte altre impurità, diventano fluorescenti quando esposti alla luce ultravioletta e quindi rapidamente individuati. Proteggere efficacemente i componenti puliti da ricontaminazione è importante per non rendere vani gli sforzi e il tempo speso per effettuare la pulizia. Tutto ciò che non va immediatamente rimontato può essere sistemato all'interno di bustine di plastica. Fruste e altri tubi di connessione che presentino delle aperture, possono essere tappati o protetti tramite l'apposizione della solita bustina di plastica avvolta e nastrata intorno alle aperture. E' anche ovvio che tutte le operazioni di riassemblaggio devono essere condotte in un luogo pulito; se non preesistente, va creato un ambiente dedicato con un ragionevole livello di pulizia e assenza di particelle sospese che possano contaminare i materiali.

La preparazione per servizio a ossigeno di bombole, valvole, erogatori fruste, tubi e altri tipi di connessioni e componenti per gas, è un'attività che può essere svolta all'interno della maggior parte dei centri di assistenza per le attrezzature subacquee. Vanno seguite le procedure e le raccomandazioni esposte in questo manuale e stabilite da ASTM, CGA e dalle ditte che producono equipaggiamenti.
Questo manuale riporta alcuni metodi per la pulizia degli equipaggiamenti subacquei. Non vengono invece descritte le procedure per la pulizia dei componenti dei compressori e dei booster perché richiedono un livello di pulizia molto elevato che probabilmente non sarebbe ottenibile dalla maggior parte dei centri subacquei. Comprimere ossigeno comporta dei rischi aggiuntivi oltre ad un aumento dei rischi generali; questo tipo di pulizia non andrebbe tentata senza le opportune conoscenze e tecniche.
MANUTENZIONE

Perché un sistema preparato per ossigeno mantenga caratteristiche di sicurezza durante la sua vita operativa, è necessario che sia mantenuto in modo tale che non si verifichi la presenza di contaminanti. Le speciali precauzioni comprendono la protezione del sistema dalla polvere e da altri contaminanti quando non viene utilizzato, evitandone la contaminazione con gas non compatibili, ispezionandolo e ripulendolo periodicamente con i prodotti specifici. Le bombole, le rubinetterie, gli erogatori devono essere sufficientemente protetti dalla polvere e dall'umidità quando non sono in uso. Le vie di entrata ed uscita di gas dei sistemi dovrebbero venir protette da tappi, cappucci appositi involucri antipolvere o buste di nylon. Prima di caricare una bombola bisognerebbe far fuoriuscire una piccola quantità di gas residuo che espella qualsiasi particella di polvere o umidità fosse presente nell'orifizio della rubinetteria. L'ambiente in cui l'equipaggiamento viene utilizzato o riposto dovrebbe essere ragionevolmente pulito e libero da materiali che potrebbero essere pericolosi se esposti all'ossigeno, quali grassi o carburanti. Queste precauzioni diminuiscono sia il rischio di contaminazione del sistema che la frequenza e la difficoltà dei successivi procedimenti di pulizia. I sistemi devono inoltre essere dedicati esclusivamente all'impiego con ossigeno e con miscele ossigeno-compatibili. Se un erogatore o una bombola per ossigeno vengono impiegati con normale aria compressa da respirazione, minuscole quantità di olio del compressore si possono accumulare rendendo l'equipaggiamento non più compatibile per l'impiego con ossigeno. Bisognerebbe evitare di utilizzare sistemi alternativamente per ossigeno ed aria.Un periodico disassemblaggio, ispezione e ripulizia dell'equipaggiamento va considerato obbligatorio. La revisione annuale di bombole ed erogatori, che è uno standard nell'industria della subacquea, costituisce la migliore opportunità per ispezionare e ripulire bombole rubinetterie ed erogatori. Questa frequenza è con tutta probabilità sufficiente se le misure preventive descritte in precedenza vengono osservate. Molti subacquei tecnici preferiscono tuttavia ispezionare ed effettuare la pulizia del loro equipaggiamenti ogni sei o anche ogni tre mesi se l'equipaggiamento è utilizzato frequentemente. Ovviamente, l'equipaggiamento deve essere ispezionato e pulito anche ogni qualvolta ci sia ragione di credere che vi sia stata contaminazione. Le procedure necessarie alla manutenzione sono facilmente eseguibili; la prevenzione della contaminazione e probabilmente la più importante attività di manutenzione, in quanto diminuisce il rischio associato con l'utilizzo di ossigeno e la difficoltà del nuovo procedimento di pulizia quando questo verrà effettuato. L'ispezione periodica e la revisione dell'equipaggiamento da immersione sono già uno standard nella subacquea sportiva, e forniscono un'eccellente opportunità per la valutazione dello stato di pulizia delle componenti del sistema.

Un grasso O2 compatibile in commercio.

Dopo questa introduzione sulle tecniche di lavaggio vedremo nello specifico la bonifica di:

  • Bombole
  • Rubinetterie
  • Erogatori

mercoledì 21 novembre 2007

PULIZIA A OSSIGENO - Considerazioni sui prodotti

Nella parte introduttiva di questo "Know-how" abbiamo specificato di aver omesso delle parti del testo di riferimento, Mixed Gas Diving, e di averle volute inserire "fuori campo", in quanto:
  • Il manuale di riferimento ha visto la luce nel 1993, con una successiva revisione nel 1998 (coincidente con la prima edizione italiana) e due ristampe, senza aggiornamenti, nel 2002 e nel 2007. Le nozioni si basano dunque sulle conoscenze e sui prodotti disponibili nel '93, vale a dire circa 15 anni fa;
  • Per alcuni gradi di pulizia riteniamo imprescindibile affidarsi a personale specializzato, indi il puro scopo divulgativo e NON OPERATIVO delle pagine che seguono;
  • Molti dei prodotti indicati dalla fonte originale sono di difficile reperibilità per l'utente privato, POTENZIALMENTE MOLTO PERICOLOSI per l'utente inesperto e, infine, nel corso degli anni molti di questi prodotti sono stati posti fuori commercio o resi illegali nei paesi più sviluppati e a seguito di diversi Protocolli Internazionali, in quanto costituiscono gravi minacce per la salubrità degli ambienti e sono fortemente inquinanti o per nulla biodegradabili. Uno per tutti il Freon, rientrante tra i famigerati CFC, estremamente dannosi per l'ozono. (per maggiori info cfr. Wikipedia)

Dopo questa doverosa premessa riportiamo di seguito le parti "censurate":

"Il solvente utilizzato negli standard militari americani per il servizio a ossigeno è il triclorofluoroetano, conosciuto anche come R113 o Freon 113. Viene venduto in negozi di componentistica elettronica in formato di bombolette spray, con marchi di fabbrica quali DryKlean e FreonTF (oggi illegale n.d.a.). L'R113 è uno sgrassante di grande efficacia, è meno tossico di altri solventi presentati in questo capitolo (sic! ), ma presenta numerosi svantaggi. Se lo si rovesciasse in abbondanza all'interno di una zona confinata potrebbe essere pericoloso. E' un CFC e danneggia l'atmosfera. E' prevedibile che un aumento delle regolamentazioni governative in questo senso se vieti l'impiego entro pochi anni. una finale e fondamentale caratteristica dell'R113 è che se esposto a fiamma o ad elevato calore si decompone formando fosgene, un gas altamente tossico.

Un altro solvente è il tricloroetano 111, reperibile nei negozi di vernici e ferramenta (illegale dal 1996 n.d.a. ) sotto nomi quali Parks Carbotrichor o Cleaning Solvent. E' maggiormente tossico del Freon 113, ma non danneggia l'ozono e costa meno. I componenti puliti con questi solventi devono poi essere sottoposti a strofinatura o pulizia a ultrasuoni.

Altri solventi quali il Carbon-TetraCloride non dovrebbe proprio essere usato a causa della sua elevata tossicità.

I solventi per la pulizia appena discussi presentano ulteriori pericoli: hanno un effetto anestetico quando inalati ed è necessaria quindi adeguata ventilazione quando li si utilizza. Alcuni solventi infine possono estrarre sostanze chimiche dai prodotti con cui vengono a contatto, in particolare nelle materie plastiche o PVC"

Come potete vedere si trattava di prodotti non proprio raccomandabili!!! Ora, dal prossimo post, passeremo a nozioni un po' più operative!!


Know-how...PULIZIA A OSSIGENO - Introduzione


Da oggi dedichiamo qualche post alla pulizia per ossigeno e all'ossigenocompatibilità di materiali e attrezzature.
Per chiarirci subito le idee definiamo:
  • PULIZIA A OSSIGENO: grado di pulizia del sistema o del componente, o, più specificatamente si riferisce all'assenza di contaminanti (in particolar modo quelli che possono agire come fonte di iniezione o come combustibile: olii, grassi, vernici, impronte lasciate dalle dita, ruggine, residui di solventi, particelle di metallo). Le attrezzature subacquee così come vendute dalle ditte devono considerarsi NON PULITE AD OSSIGENO, se non sia diversamente specificato, e in tal caso sia indicato il grado di pulizia. In ogni caso è quasi sempre possibile renderle tali attraverso accurati sistemi di pulizia.
  • OSSIGENO COMPATIBILE: quei materiali che possono venire esposti all'ossigeno senza creare problemi. Ad esempio materiali come olii derivati da idrocarburi sono incompatibili in quanto generano un elevato pericolo di combustione. Altri si possono rivelare tali a causa dell'elevata velocità di decomposizione che presentano se esposti all'ossigeno (esempio i classici o-ring in nitrile (buna-N) che deperiscono molto velocemente in ambienti di ossigeno).
  • SERVIZIO A OSSIGENO: la possibilità di un componente o di un sistema di poter essere utilizzato in ambienti contenenti ossigeno. Implica contemporaneamente pulizia e compatibilità.

Le indicazioni che seguono si basano su quanto scritto in "Mixed Gas Diving" di Bret Gilliam et al., ristampa 2002.

Alcune avvertenze prima di cominciare:

  1. Sono state volontariamente omesse informazioni contenute nel testo originale relative a prodotti e solventi per la pulizia, in quanto ritenute da noi potenzialmente pericolose per la persona ed in alcuni casi in quanto trattasi di prodotti fuori legge per la loro elevata capacità di contaminazione/danneggiamento dell'ambiente. Ne daremo comunque indicazione separata, con i dovuti commenti.
  2. Questo manuale deve essere considerato un ausilio tecnico integrativo per i subacquei esperti. Non vuole essere per tanto un testo esaustivo sulla miscelazione dei gas, sulla progettazione dei sistemi o sulle procedure di pulizia per ossigeno. Prima di applicare le informazioni qui presentate, è indispensabile acquisire la necessaria preparazione e rivolgersi ad esperti e consulenti qualificati. Per quanto riguarda la compatibilità dei prodotti ed il loro utilizzo per Nitrox, Trimix ed ossigeno ad alta pressione, si prega di seguire le istruzioni dell'azienda costruttrice delle apparecchiature. Gli istituti cui si fa riferimento nel testo modificano le raccomandazioni relative all'aria arricchita di ossigeno, man mano che si rendono disponibili nuove informazioni a seguito dei continui test ed esperimenti, e le procedure che comportano l'uso di detergenti e soluzioni chimiche sono aggiornate di conseguenza. Occorre, quindi, mantenersi aggiornati, consultando le pubblicazioni più recenti per sapere quando si rendono disponibili nuove informazioni e poterle applicare alla metodologia usata. Il trattamento e l'uso improprio di questi prodotti può comportare notevoli rischi ed avere conseguenze fatali.

lunedì 19 novembre 2007

Jim Bowden e Zacaton... quando l'uomo sfida la natura.

Vista aerea di Zacaton




Zacaton è il più profondo di cinque ceynotes situati all'interno del El Rancho Asufrosa, un esteso ranch nel Messico nord-orientale. Fu "scoperto" nel corso di un giro di ricognizione compiuto al termine di due settimane di esplorazione e di rilievo nel Nacimiento Santa Clara, un sistema di grotte sito ai piedi dell'Al Abra, nei pressi del Nacimiento Mante. I ceynotes si rivelavano essere molto particolari. Sono allineati grosso modo da est verso ovest in un raggio di circa 3 km. Le loro acque hanno un odore sulfureo piuttosto marcato. In uno, nominato Poza Asufrosa, lo zolfo precipita dalle pareti circostanti per poi galleggiare sulla superficie, dando forma ad una sorta di zattere. Le acque portano via il colore ossidan­do tutti i metalli e sono sorprendentemente calde: 34 gradi nel Poza La Pilita, 31 gradi Zacaton, 30 gradi il Poza Caracol, 31 nel Poza Asufrosa, ed i più confortevoli 28 gradi nell'enorme Poza Verde, una specie di oasi. La squadra diede inizio alla ricerca di passaggi di collegamento con gli altri ceynotes situati verso est e verso ovest, ma durante la prima fase dell'esplorazione non veniva trovato nessun pas­saggio Il 2 maggio 1990, Jim Bowden e Gary Walton entravano nel Nacimiento lungo il confine occi­dentale del ranch. i subacquei individuavano una piccola grotta, ed iniziavano a percorrerla in dire­zione nord est. Gary che era davanti, notava un bagliore di luce color verde bottiglia. Coprendo la sua torcia con una mano, ebbe conferma che si trattava di una fonte di luce naturale; questo semplicemente significava che erano riusciti ad effettuare una connessione con la superfi­cie. Trionfanti, i subacquei emergevano all'interno di Zacaton ad una profondità di 7 m e raggiungevano la superficie del bellissimo ceynote che deve il suo nome alle caratteristiche formazioni di un'erba alta, el zacate, che galleggiano sulla sua superficie.. I membri del "Proyecto" riprendevano l'esplorazione dei cinque ceynotes all'interno del ranch, nell'aprile 1993, questa volta completamente attrezzati per effettuare immersioni a miscele di gas, che avrebbero permesso di esplorare con maggiore sicurezza le parti più profonde. Sheck Exley si univa alla squadra per una settimana, ed insieme a Bowden effettuava una serie di immersioni alle profondità precedentemente ine­splorate. La Pilita rivelava, ad oltre 108 metri di profondità, un passaggio che proseguiva in direzione sud-ovest. Era Zacaton, tuttavia, a riservare le più grosse sorprese. Durante immersioni ad aria, a 78 m Bowden ed a 123 m Exley, non erano in grado di vede­re il fondo. Era quindi certo che la profondità di 75 metri, della precedente scandagliatura, era assoluta­mente sbagliata! I subacquei si erano immersi al di sotto dello sperone sul quale si era fermata la sagola da scandagliatura per cercare l'elusivo fondo di Zacaton, ma il fondo non era neanche in vista. Il gior­no dopo, Bowden, Exley e Kristovich ritornavano a Zacaton per tentare una scandagliatura più accurata. La sagola continuava a srotolarsi dal rocchello, supe­rava i 150 m, superava i 240 m, superava i 300 metri! Lo scandaglio finalmente si arrestava dopo aver misu­rato circa 327 m.
La cima venne assicurata alla parete settentrionale del ceynote ed i subacquei completavano pianificazione e preparativi per effettuare un'immersione profonda a miscele il giorno successivo. Nell'aprile del 1993, Bowden si immergeva a 152 m di profondità, ed Exley a 218 m.. Verso la fine della settimana di immersioni, Exley e Bowden decisero che sarebbero ritornati insieme a Zacaton e, come Hillary e Norkay sull'Everest, di perseguire l'esplorazione di questo vero e proprio Everest capovolto. Il sito apparentemente perfetto per un'immersione a circuito aperto a 300 metri ed oltre era finalmente stato trovato. Era caldo, non c'era nessuna corrente percettibile, i nativi erano amichevoli, e l'accesso al sistema non era complicato. Fu quindi dichiarato l'obbiettivo: entro la fine dell'an­no solare, Bowden ed Exley avrebbero fatto un'immer­sione per raggiungere il fondo di Zacaton.
Il tentativo dei 303 m era programmato per il 25 dicembre ma l'intera squadra, di comune accordo, ritenne che le condizioni determinate dalle precipita­zioni eccezionalmente abbondanti di quell'inizio di Dicembre, non fossero favorevoli ad una tale impresa La corrente nel Pasaje de Tortuga Muerte era sempli­cemente feroce, ed imponeva un'affatto desiderabile immersione faticosa prima di ogni tentativo in profon­dità. Era infatti necessario attraversare i quasi 180 metri di passaggio lineare della grotta, prima di qualsiasi immersione in Zacaton, rendendo in pratica immersioni ripetitive queste immersioni profonde. Per la sicurezza dei subacquei, l'immersione fu rimandata all'aprile del 1994.
Nell'aprile 1994 i membri del Proyecto, tra cui Sheck Exley e Mary Ellen Eckhoff, si radunavano sul terreno del Rancho Asufrosa. Erano necessari due giorni per la sistemazione delle bombole da decompressione occorrenti alle specifiche profondità all'interno di Zacaton e nel El Nacimiento. L'immersione sarebbe stata effettuata su cime di discesa separate, condizio­ne che entrambi i subacquei approvarono, così da evi­tare il contatto e potenziali interferenze durante la rapida discesa programmata. Entrambi i tentativi sarebbero stati, per necessità, in solitaria. Exley avrebbe utilizzato Heliair 6 come miscela di fondo, Bowden, Heliair 6.4.
Le loro tabelle erano simili, ed entrambe elaborate dal software Dr. X. Entrambi i subacquei portavano comunque un assortimento di tabelle, dato che l'esatto tempo di discesa (tempo di fondo) e la profondità mas­sima dell'immersione non erano conosciuti. Sia Bowden che Exley effettuavano varie immersioni profonde di acclimatazione ad aria per prepararsi al tentativo dei 303 m. La mattina presto del 6 aprile 1994 tutto sembrava essere pronto, ed i due subac­quei con la loro squadra di supporto si radunavano sul pendio sovrastante El Nacimiento. Bowden ed Exley si vestirono, nuotarono insieme attraverso "El Pasaje" ed all'interno di Zacaton. L'umore prima del­l'immersione era positivo ed ottimista. Gli uomini ini­ziarono la loro discesa alle 9:50 circa, ora locale. Bowden raggiunse i 280 m ed avrebbe trascorso all'incirca nove ore in decompressione.
Exley, per motivi che probabilmente non conosceremo mai, non ritornò dalla sua immersione. Aveva raggiunto una profondità massima di 274 m.. Jim Bowden fornisce il seguente resoconto dell'ultima giornata con Exley, mentre si stavano ultimando i pre­parativi per l'immersione dei 303 m.
"Tra Dicembre ed Aprile il tempo era trascorso rapidamente, tra i preparativi e l'organizzazione che occupavano tutti i giorni e gran parte delle notti. In questo periodo, oltre a tre immersioni al di sotto dei 150 m, ne avevo effettuate più di 30 a profondità superiori ai 90 metri. Alcune di queste ad aria per acclimatarmi ed aumentare la mia capacità di tolleranza alla narcosi. In molte di que­ste immersioni effettuavo esercizi di valutazione e di abilità in profondità, quali la soluzione di pro­blemi o compiti che mi venivano posti da un colle­ga in immersione a miscela, mentre io ero ad aria. Era essenziale che io mi trovassi a mio agio ad una narcosi equivalente alla profondità (END) di 100 m. La mia miscela di fondo, Heliair 6,4 (69.5 He, 24.1 N2, 6.4 O2) provocava una END di circa 90 m a 303 m. Raggiungere il fondo avrebbe richiesto questo ed altro. Feci un'immersione a 124 m ad aria, che costituiva un record di immer­sione ad aria in grotta, ma che fu presto oscurata da Sheck con la sua immersione a 127 m effettua­ta il 4 aprile, due giorni prima del nostro tentativo per il raggiungimento del fondo.
"Adesso era l'ora di pescare... oppure di togliere l'esca. Si completarono i preparativi finali e la prima squadra di supporto lasciava il campo per posizionare l'ossige­no per la decompressione e la mia maschera gran fac­ciale Dive Comm che avevo programmato di indossare a 6 m. Poco dopo partimmo tutti per la sorgente." La squadra presente il giorno dell'immersione era composta da Exley, Bowden, Mary Ellen Eckhoff (ex moglie di Exley), Karen Hohle (moglie di Bowden), Ann Kristovich e Marcos Gary. Tra i rappresentanti della stampa c'erano un giornalista ed un fotografo di "Sports Illustrated", un fotografo del "Destination Discovery", ed un'equipe televisiva di "Channel 7" di Tarapico. In attesa c'erano anche il proprietario del
terreno e la sua famiglia insieme a molti altri residenti del luogo.
Continua Bowden: "Sheck ed io ci siamo preparati ed abbiamo nuotato attraverso i 180 metri del Pasaje de Tortuga Muerte per poter accedere al nostro luogo di immersione. Riemergendo in Zacaton, abbiamo nuota­to lentamente verso le nostre cime di discesa. Abbiamo commentato la bellissima giornata e ci siamo augurati reciprocamente "in bocca al lupo ". Poi ci siamo sepa­rati, dirigendoci ognuno verso le sua cima di discesa. Il tempo trascorreva in silenzio mentre noi condiziona­vamo la respirazione, e ci concentravamo su ciò che ci aspettava.
"Dopo un po' mi sentii pronto, lanciai uno sguardo verso Sheck. Sembrava che sentisse il mio sguar­do. Fece cenno di sì con la testa. Mi immersi; ai 3 m esitai per un momento o poco più, poi mi lanciai in caduta libera. Avevo programmato di scendere a 30 m al minuto fino ai 90 m ad aria, poi con la stessa velocità fino ai 181 m ad Heliair (50 He, 39.5 N2, 10.5 O2), per poi passare alla miscela di fondo. Avevo programmato di rallentare la discesa a circa 230-240m, dove nell'immersione preceden­te avevo cominciato a notare sintomi di HPNS. Tutto andava secondo i piani. Appena passato il segnale dei 242 m, avvertii un leggero tremore. Riuscii ad intravedere la luce di Sheck in lonta­nanza. Fu l'ultima volta che lo vidi. "
A 272 m Bowden ebbe uno shock nel rendersi conto di avere consumato molto più gas del previsto. Nelle bombole con la miscela di fondo gli erano rimasti appena 70 bar. A quella profondità i suoi erogatori non avrebbero potuto fornire aria se la pressione fosse scesa a meno di 35 bar. Non era un problema da poco e Bowden non aveva tempo da perdere.
"Gonfiai il gav, riuscendo ad arrestare la discesa a 280 m. Passai alla bombola da 10 litri con miscela di fondo che montavo sotto il braccio destro, consumai quella e poi quella di riserva con la miscela da trasporto fino alla prima tappa di decompressione a 136 m. Quando arrivai lì, le avevo completamente esaurite entrambe. Non appena aprii la bombola per le decompressioni più profonde ebbi un'orrenda sorpresa: l'erogatore cominciò ad andare in violenta erogazione conti­nua. Mi sembrò che fosse passata un'eternità prima che riuscissi a richiuderlo. Ritornai a respi­rare dal bibombola che portavo sulla schiena per gestire il problema, ma non riuscii ad aggiustare l'erogatore. L'unica soluzione era quella di aprire e chiudere la rubinetteria ad ogni respiro. Avevo otto minuti di tappe tra i 106 ed i 90 m, dove era appe­sa la mia prossima bombola. "
Bowden riusciva comunque a raggiungere la bombola successiva, questa con erogatore funzionante, e da lì in poi a respirare più comodamente. Adesso il tema era la lunghissima decompressione, e la preoccupazio­ne per la tossicità dell'ossigeno e l'MDD. Passava all'a­ria ai 78 m e fino ai 39 m, poi a nitrox al 30% di ossi­geno. E' qui che si rende conto che qualcosa doveva essere andato storto ad Exley. "A 39 m ho cominciato a rilassarmi. Qui riuscivo a vedere chiaramente la cima adoperata da Sheck per la discesa. Tutte le sue bombole da fase erano ancora impacchettate ed inutilizzate. Il senso di angoscia nel cuore, fu soppresso dalla speranza che egli fosse sceso più profondo di me e che quin­di probabilmente fosse ancora sotto di me. " In superficie, la squadra di supporto sapeva già che Exley era nei guai. Ann Kristovich aveva osservato lo schema delle bolle di entrambi gli uomini nel corso della discesa. Le bolle di Bowden erano scomparse dopo due minuti, quelli di Exley un paio di secondi più tardi quando entrambi avevano raggiunto lo sperone dei 75 ni. Dopo circa 15 minuti era riapparsa solo una scia di bolle e lei non riusciva a capire se fossero quel­le di Bowden o di Exley. Kristovich scambiò un'occhia­ta con la moglie di Bowden, Karen Hohle. Poi, come previsto, si immerse per andare ad incontrare Bowden all'appuntamento fissato per i 47 minuti del profilo di immersione. Si sentì sollevata nel vederlo, ma venne percorsa da un brivido nel vedere le attrezzature da decompressione di Exley lì appese senza alcun segno di lui. La cupa consapevolezza della situazione avvolse i due subacquei.
Nel frattempo, Mary Ellen Eckhoff (una delle migliori speleo-subacquee al mondo ed ex moglie di Exley) osservava dall'alto della scarpata, ignara di ciò che era accaduto. Poi, raggiungendo Hohle sulla superficie si rese conto del problema. Preoccupata per la situazione ma non ancora disperata, afferrò una delle bombole da decompressione di riserva per portarla ad Exley, e scese giù ad incontrare Bowden e Kristovich. Ora i suoi peggiori timori stavano diventando realtà. Frettolosamente scarabocchiò su una lavagnetta: "sto andando a 75 m a cercare le bolle." Scese sullo spero­ne profondo ma di Sheck non c'era segno e nemmeno di bolle che salissero dal fondo.
Hohle nel frattempo aveva rapidamente indossato la sua attrezzatura ed era sceso a raggiungere la Eckhoff. "Incontrai Mary Ellen a circa 30 m mentre lei stava risalendo. Stava piangendo e la sua maschera era fuori posto. Voleva ritornare in superfìcie, ma io presi il suo profondimetro e vidi che segnava 84 m. La tenni ferma. Siamo rimaste giù per più di trenta minuti, per terminare la decompressione. Furono momenti di grande tri­stezza e solitudine. "
Giunto alla tappa dei 18 m venne infine comunicato a Bowden che Sheck era perso. Fu preso da una sensa­zione di crescente smarrimento per la perdita dell'ami­co, e descrive la rimanente parte di decompressione come un esercizio meccanico con quasi assenza di pensieri razionali. Dopo un totale di quasi dieci ore, riemergeva in superficie, riportando tuttavia sintoma­tologia di MDD alla spalla sinistra che veniva poi trat­tata sul posto con una ricompressione in acqua. Bowden adesso era il primo subacqueo ad avere supe­rato la barriera dei 270 m con attrezzatura auto-conte­nuta scuba. La sua profondità di 280 metri, superava il vecchio record di 266 metri di Exley. La ricerca del corpo di Exley non venne neanche presa in considerazione, dato che l'unico uomo capace di effettuare un tale recupero era proprio l'uomo che si trovava là sotto. Tre giorni dopo, mentre si raccoglieva­no le ultime parti di attrezzatura, venne ritrovato il corpo di Exley. Forse si era sollevato dalla parte profonda della grotta ed era rimasto impigliato sulla cima. Una delle sue bombole aveva ancora gas, ed il suo computer segnava 273 m, cosa che farebbe pensa­re che qualsiasi problema lui abbia avuto, questo non sarebbe comparso prima dei nove minuti di immersio­ne.
Le diagnosi più autorevoli attribuirebbero l'incidente alla HPNS (Sindrome Nervosa da Alta Pressione). Exley aveva già accusato un episodio di HPNS in Africa, con sintomatologia piuttosto seria che comprendeva spasmi muscolari incontrollabili e visione multipla. Si può supporre che il problema si sia manifestato nuova­mente ma con tremori ancora più violenti, che potreb­bero avere fatto insorgere una convulsione da ossige­no, o reso impossibile l'effettuare i necessari cambi di gas. La sua morte rimarrà un mistero ed una tragica perdita per l'intera comunità speleologica.
Bowden, ultimo compagno di immersione di Sheck, esprime i suoi pensieri: "Mi sento amareg­giato per le cattiverie e le futili speculazioni giunte da parte di "intenditori da poltrona". E sono invece toccato per tutti coloro che sembrano capire e che ingenuamente esprimono simpatia, senza l'esigen­za di cavare nulla dalla mia anima. Su Exley è stato scritto molto ed ancora più comparirà in futu­ro. Sono certo che alla fine egli rappresenterà per noi la storia, e verrà riconosciuto come il pioniere che veramente fu. "
"Incontrai Sheck per la prima volta in Messico nel 1988 in occasione del suo record mondiale di immersione a 236 m, a Mante. Giunsi alla sorgen­te mentre lui era ancora sottacqua nella grotta. Era da solo in quell'enorme sistema. Il suo staff di supporto composto di sole tre persone, Ned DeLoach, Sergio Zambrino, ed Angel Soto, stava attendendo il suo ritorno. In una disciplina ego-maniacale come la speleo-subacquea, dava un senso di freschezza il vedere un uomo che faceva fronte all'impossibile senza squilli di tromba ed entourage presidenziali come spesso accade con persone che tentano molto di meno. Sheck cercò la mia amicizia ed io cercai la sua per il medesimo motivo: eravamo entrambi dei solitari. Era l'unico esponente del gruppo speleo-subacqueo della Florida settentrionale che rispettava il mio lavoro. Lo stesso fece anche con altri esploratori di altre parti del mondo. Era enormemente interessato, umile e si adoperava per dare supporto a progetti dei quali la maggior parte di questi speleo-subac­quei "new age" non conosceva neanche l'esisten­za. Avevamo un comune legame, un'ossessione, una passione....il nostro amore per l'esplorazione. " "L'esplorazione era un'esigente dama che si era inserita sulla strada dei nostri rapporti con gli altri, e sapevo che avrebbe potuto causare enorme dolore a coloro che ci avrebbero amato. Potevamo trascorrere la maggior parte della nostra giornata su un progetto, senza neanche rivolgerci la parola. Le nostre personalità erano degli opposti perfetti. Egli era il più disciplinato uomo che avessi mai conosciuto, dotato di intelletto calmo e brillante. Dall'altra parte io ho 52 anni e ancora mi capita di trovarmi coinvolto in risse, a volte bevo troppo, ed insisto per avere la ragione. Nonostante queste diversità, andavamo perfettamente d'accordo. Karen ed Ann ci dissero che sembravamo dei ragazzini che hanno trovato il più grande tesoro sulla terra quando scoprimmo che Zacaton era un sistema con profondità di classe mondiale. Credo veramente che entrambi non fossimo mai stati più vivi che in quei momenti di lavoro in zona ancora vergine. "
" II Messico lo amava. Exley ne rispettava vera­mente la cultura e le tradizioni. Il ceto povero, rurale del Messico ha una straordinaria capacità nel riconoscere il coraggio, l'onestà e la sincerità. L'unica volta che ho permesso a me stesso di cedere all'emozione durante quelle giornate di desolazione e recupero, fu quando camminando sull'orlo di Zacaton vidi una semplice croce e dei fiori deposti lì dalla gente di El Nacimiento e di Higeron.
Sheck ha condotto la sua vita a testa alta, con pochi errori. Solamente la morte lo ha tradito, por­tandolo via di sorpresa. Il progetto Zacaton conti­nuerà. Non ci sono mai stati dei dubbi in merito. Tutti siamo stati d'accordo nel dire che sarebbe stato un insulto a Sheck se non l'avessimo portato avanti. Trovai questo sistema cinque anni fa, e sospesi l'esplorazione per poter ottenere l'adde­stramento tecnico ed il supporto che l'avrebbero resa possibile. Fu Sheck a darmi tutto ciò. Certo, egli mi mancherà tantissimo, ma d'altronde ci immergevamo sempre da soli. Forse ora sarà ancora più vicino a me. "
II Proyecto continuerà i suoi tentativi in Messico dopo una breve pausa dovuta alla stagione delle piogge. Bowden si sente sicuro, dopo aver raggiunto i 280 m, che un’immersione a 300 m è possibile, e perseguirà i suoi piani per il raggiungimento del fondo di Zacaton. Con l'utilizzo di Heliair, verrà ripreso anche il rilievo del passaggio profondo del Nacimiento Santa Clara. La squadra progetta anche di esplorare in modo conti­nuativo le magnifiche grotte profonde della Sierra Madre Orientai, aggredendo i sistemi del Rio Choy, Rio Frio, Rio Sabrinos, Nacimiento Mante, Nacimiento Huichihuayan e molti altri.



KNOW-HOW...Realizzare un imbrago per bombole laterali

Spesso nella subacquea anche le cose più elementari ed economiche vengono immesse nel mercato a prezzi assolutamente fuori misura, che fortunatamente hanno anche l'effetto collaterale di mettere in movimento menti nel loro piccolo "geniali" che con un po' di manualità, empirismo e pazienza, prima o poi ci regalano una soluzione economica, ma parimenti efficace all'oneroso originale.

Nello specifico caso di un imbrago per bombole da fase (tra l'altro per i più puritani, assolutamente compatibile con la configrazione DIR) qualcuno deve aver pensato che fosse poco producente regalare svariate decine di euro (solitamente più di 50) per un sistema composto di un pezzo di cima, una fascetta d'acciaio, un paio di moschettoni e poco altro..

ISTRUZIONI:



Materiale necessario:

  • 2 metri di cima di polyestere/Nylon da 5mm

  • 2 moschettoni Inox ad una luce ("boltsnap")

  • c.a. 30 cm di tubo di gomma (tipo quelli neri per la benzina o tubo da giardino) con diametro interno c.a. 8 mm

  • 1 fascetta stringitubo in acciaio Inox (solitamente per diametri del genere si trovano quelle al metro)

  • 1 pezzetto di camera d'aria (stretta, quelle delle bici da corsa)

  • 2 pezzi di camera d'aria da auto



  1. Fate passare la cima doppia attraverso il tubo (magari aiutandovi con una cima di diametro più piccolo che farete passare nel tubo e con la quale poi tirerete la cima da 5mm



  2. Attaccate il moschettone superiore con un nodo come quello indicato in foto. Per regolarvi sulla lunghezza, fate in modo che il moschettone si trovi prima della fine del collo della bombola. In tale posizione manterrà l bombola più aderente al vostro corpo





  3. Annodate l'altro capo della cima appena sotto la fine del tubo




  4. Per attaccare il moschettone inferiore teniamo circa 8-10 cm di gioco sulla cima in modo che la bombola stia leggermente staccata. Se per qualsiasi necessità avessimo bisogno di tenere la bombola più vicina a noi, basterà far passare il moschettone sotto la maniglia (v.foto)



  5. Fissate il moschettone con un nodo cme da toto (bocca di lupo)


  6. A questo punto fissiamo i due lembi di cima con un nodo inglese, o fisherman's knot. Cercate di fare il primo nodo (quello sul lembo evidenziato in giallo) più vicino possibile a quello con cui avete bloccato lo scorrimento del tubo). Ora fate il secondo vicino al primo. Stringete bene e, quando vi sembra che siano ok, tagliate l'eccesso di cima


  7. Ci siamo quasi....l'imbragatura è completa, ma bisogna fissarla alla bombola....

  1. Inserite il pezzo di camera d'aria da bicicletta nella fascetta inox, servirà per coprire la vite. Posizionate l'imbrago in modo che la fascetta vada a stringere esattamente tra i due nodi che avete creato per ultimi. Per i più precisi....potete anche isolare la fascetta dalla bombola frapponendo tra le due dell'altra camera d'aria o una fettucia di nylon, setemete possa verificarsi corrosione.

  2. Ora potete mettere anche i due pezzi di camera d'aria da auto, che vi serviranno come ritentori per le fruste, l'erogatore e il manometro
  3. ....e ricordate, la maniglia serve solo sott'acqua. Fuori trasportate la bombola prendendola per la rubinetteria, altrimenti, pian piano, i nodi e la cima si allenteranno

...a conti fatti dovremmo spendere tra i 10 e i 20 euro!!

>original quotes by Peter Steinhoff http://dir-diver.com

mercoledì 7 novembre 2007

L'Aria di Bach...

Riprese e montaggio: 2007 - Alberto Barotti - all rights reserved. Per qualsiasi utilizzo del video, al di fuori della semplice visione su questo blog, contattare l'autore

venerdì 26 ottobre 2007

Il "BARONE" dell'Adriatico

BARON GAUTSCH















TIPOLOGIA
naviglio civile - piroscafo per trasporto passeggeri

DATA DI COSTRUZIONE
1908

CANTIERE
Gourlay Bros. & Co. di Dundee (Scozia)

COMPAGNIA
Lloyd Austriaco

COMANDANTE
Paolo Winter

PROPULSIONE
4 caldaie - 5000cv - vel di crociera 16 nodi c.a.

STAZZA
861 ton. netta - 2069 ton. lorda

LUNGHEZZA
82 mt

LARGHEZZA
12 mt

CAPACITA'
246 passeggeri - 64 persone equipaggio

AFFONDAMENTO
13 agosto 1914 per urto contro una mina

MORTI
circa 200

PROFONDITA' RELITTO
28 mt srutture più alte - 40 mt eliche

FONDALE
sabbia/fango

DISTANZA DALLA COSTA
7 miglia nautiche circa da Rovigno

COORDINATE
44 56' 25'' N 13 34' 43''E (approsimative)

DIFFICOLTA'
media - elevata

PRESENZA DI RETI


CORRENTI


EQUIPAGGIAMENTO
raccomandabile l'uso di EANX

LA STORIA
Nei primi del ‘900 l’ufficio dei Lloyd commissiona ai cantieri navali Gourlay Brothers & Co. Ltd. Di Dundee in Scozia due dei tre traghetti veloci che avrebbero collegato i porti della Dalmazia con Trieste: il Baron Gautsch e il Prinz Hohenlohe. La terza nave gemella, il Baron Bruck viene invece costruita presso il cantiere navale S. Rocco di Muggia.Elementi comuni dei tre piroscafi sono la lunghezza, 84 mt., la larghezza, 12 mt., la stazza lorda, 2069 tonn., e netta, 861 tonn. (leggermente inferiore era la stazza del Baron Bruck, 1965 tsl e 813 tsn), mentre differenze sostanziali sono nei motori: macchine che sviluppano una velocità di 16,5 nodi per le prime due, mentre la terza è equipaggiata con una macchina che consente una velocità di circa 17 nodi. Insoddisfatti del lavoro svolto presso i cantieri Gourlay (tempi di consegna troppo lunghi e potenza dei motori troppo bassa), i Lloyd decidono di apportare delle modifiche al piroscafo presso i cantieri di Trieste a spese del cantiere scozzese che si trova costretto a dichiarare la bancarotta il 23 ottobre 1910.Immediatamente dopo lo scoppio del conflitto mondiale, il 17 luglio 1914, il Baron Gautsch viene ceduto alla Imperial Regia Marina da Guerra Austriaca per il trasporto delle truppe verso Cattaro (Kotor) e l’evacuazione dei civili verso le regioni del nord Adriatico.Prima di salpare le autorità militari convocano una riunione presso il k.u.k. Seebezirkskommando, quartier generale della Marina, durante il quale il secondo ufficiale, Tenze, inviato dal capitano del Baron Gautsch, Paul Winter, viene informato della rotta da seguire per evitare un campo minato che era stato allestito in difesa del porto di Pola. Le autorità militari, per ragioni di segretezza, non avevano comunque fornito la posizione esatta delle mine.Alle ore 11.00 del 13 agosto 1914, il “Baron Gautsch” salpava dal porto di Lussin Grande, diretta verso Trieste dove è previsto l’arrivo per le ore 18.00.Il comando viene assunto dal primo ufficiale Luppis. Le condizioni meteo erano ottime, il mare era calmo, tutto procedeva regolarmente. Alle 13.45 Luppis, senza autorizzazione da parte del capitano, cede il comando al secondo ufficiale Tenze per potersi recare a pranzo nella sala di prima classe. Fiducioso della sua esperienza, verificate le mire a terra, Tenze procede tranquillo nella navigazione.Alle 14.50 circa il Baron Gautsch viene avvistato a circa 7 miglia a nord del Faro di S. Giovanni Pelago, mentre procede a tutta forza all’interno del campo minato appena allestito in difesa del porto di Pola dalla posamine Basislisk. Un attimo prima della collisione Tenze corregge la rotta verso ovest, convinto di avere ormai superato il campo minato, ma rimaneva purtroppo un ultima mina....quella fatale. Il piroscafo urta una mina ancorata sul fondo sul lato di sinistra, proprio sotto la linea di galleggiamento, all’altezza delle caldaie tra la cucina e la dispensa di prima classe. Il tutto avviene in una manciata di minuti, il Baron Gautsch si inclina sul lato di sinistra e ciò rende impossibile l’alaggio di tutte le scialuppe. Dopo 6 minuti circa rimane solo un enorme gorgo. La sagoma dell’elegante piroscafo è completamente inghiottita dal mare. Circa 177 persone, tra cui numerose donne e bambini, annegano o muoiono bruciati dall’olio bollente rilasciato dai serbatoi. 159 persone vengono soccorse e tratte in salvo dai cacciatorpedinieri “Csepel”, “Triglav” e “Balaton” che accorrono immediatamente da Pola. Carmen Rubini è molto fortunata. Nata e cresciuta sull’isola di Lussino, ha familiarità con il mare, sa nuotare e viene tratta in salvo. Non c’è termine migliore per commentare l’accaduto se non quello di incompetenza umana. E i fatti lo dimostrano: al momento dell’esplosione il capitano era nella sua cabina a dormire, il primo ufficiale era a pranzo in prima classe, l’ufficiale in seconda venne colto dal panico una volta realizzato quanto era accaduto, da testimonianze dell’epoca pare che l’equipaggio si preoccupò di mettere in salvo se stesso senza preoccuparsi della sorte dei passeggeri. Ma quale fu la sorte degli ufficiali? Tenze venne ritrovato morto suicida a Pola qualche giorno dopo la tragedia, non aveva retto ai sensi di colpa. Il capitano ed il primo ufficiale, tratti in salvo, vennero immediatamente posti agli arresti, accusati dal Comando della Marina di incauta condotta, ma vennero assolti al processo. Il Lloyd, che imputava la responsabilità dell’accaduto al Comando dell’Imperial Regia Marina Austriaca per non avere inviato una nave a segnalare i limiti del campo minato, affrontò circa ottanta cause di risarcimento danni, vincendole tutte per assenza di colpa.Il processo fu comunque lungo e gli archivi di guerra dovettero prestare i documenti relativi all’incidente alla corte distrettuale, ma, nel maggio del 1925, in seguito a delle sommosse che culminarono con l’incendio del tribunale, tutti questi documenti andarono perduti. Si salvò un solo documento, custodito nell’ufficio di uno degli avvocati di parte civile, il Dr. Schapiro, ma essendo ebreo, il suo ufficio venne incendiato durante le persecuzioni naziste nel 1939. Non esiste più alcun documento dunque, tranne quello della procura di Rovigno contro il Cap. Winter ed il primo ufficiale Luppis.
L'IMMERSIONE
Il relitto viene ritrovato nel 1951 dal palombaro triestino Giacomo Stocca, su indicazioni di un altro palombaro, Libero Giurassici, socio, assieme a Ferruccio Torcello e Bartolo Prioglio, della Compagnia Industriale Mercantile di Trieste che aveva acquistato il relitto. Da allora, fino al 1992, del relitto si persero le tracce. Solo i pescatori croati ne conoscevano l’ubicazione (o meglio, conoscevano l’ubicazione di un relitto) in quanto perdevano sempre le loro reti quando pescavano in questa zona.Del ponte superiore sono rimaste le strutture e parte del legno, i fumaioli non ci sono più, al loro posto degli enormi fori che sprofondano nelle viscere della nave. La nave è maestosa in perfetto stile liberty, la sala da pranzo della prima classe era un elegante elegante salone addobbato con velluti e broccati, le colonne ricoperte di stucchi ed adornate da capitelli ionici, ora è rimasta solo la struttura esterna perchè essendo tutto legno e rimasto ben poco. Alcuni ponti in legno ancora presenti sono infatti pericolosi perchè possono crollare anche solo da un violento movimento di pinne. La sala macchine è accessibile e si possono ammirare le caldaie che costituivano il cuore della nave. Le eliche in bronzo invece vennero recuperate nel 1920. Indubbiamente una sola immersione non basta per apprezzare la bellezza del relitto. Vale la pena girare bene all'esterno, magari con una rapida puntata verso il timone (-40mt), fermarsi a guadare banchi di pesce che girano vorticosamente attorno agli argani delle scialuppe, infilare la testa nelle diverse aperture che si aprono quasi ovunque. Una volta guardato attentamente l'esterno si può iniziare una penetrazione più o meno profonda a seconda dell'esperienza. Penetrazione che se in alcuni punti come il ponte promenade è estremamente facile in quanto si ha sempre un'uscita a portata di mano, in altri richiede molta più attenzione perchè spesso, coprendo la torcia con una mano ci si rende conto di essere completamente al buio, senza uscite in vista. Lascio al singolo subacqueo le considerazioni sull'equipaggiamento neessario ad affrontare l'immersione che si prefigge e sull'eventuale pianificazione delle decompressioni, comunque come miscela respiratoria direi che si può considerare ottimale un EAN30 (ppO2 1.5 c.a. - MOD 40mt) oppure un EAN28 (ppO2 1.4 - MOD 40mt). Da tenere in considerazione una possibile presenza di corrente nei primi 10mt talvolta molto forte in superficie (ideale avere una jon line!)




Il re della notte

Riprese e montaggio: 2007 - Alberto Barotti - all rights reserved. Per qualsiasi utilizzo del video, al di fuori della semplice visione su questo blog, contattare l'autore.

giovedì 18 ottobre 2007

La Secca di Punta Secca - Isole Tremiti

Siamo sempre alle Tremiti, circa duecento metri dall'estremità nord dell'Isola di Caprara, detta Punta Secca. Qui dal blu cobalto del mare il fondale risale fino ad una profondità di circa -9mt, dove troviamo il cappello della Secca, che in realtà è la continuazione ideale dell'isola. Prova ne è il fatto che la secca segue lo stesso andamento di questa: parete a picco sul lato Nord, dorsale scoscesa nel versante sud.

Sicuramente una delle immersioni più affascinanti del Mediterraneo, dalle caratteristiche morfologiche più uniche che rare e caratterizzata da una ricchezza di vita impensabile in Adriatico. Non è certo un'immersione da prendere alla leggera: le sue profondità superano tranquillamente i -60mt e la zona è spesso battuta da forti correnti, senza dimenticare che siamo in mare aperto.

I motivi di tanta "fama" sono certamente da ricercarsi in due caratteristiche: la presenza di gorgonie bicolore (rosse e gialle nello stesso ramo), presenti in pochi punti in tutto il mediterraneo; e la presenza di due archi naturali, due tunnel che attraversano la secca da un versante all'altro, tra i -50 e i -60mt.

....ecco un breve assaggio della vera e propria foresta di gorgonie....




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martedì 16 ottobre 2007

Oggi parliamo di... NARCOSI DA INERTE

Impossibile anche per l'open water diver non averne mai sentito parlare, ma che cos'è, come insorge, progredisce e regredisce la narcosi?
Di seguito un breve schema che analizza in maniera sintetica le caratterisrtiche peculiari della narcosi, generalmente definita da inerte (nella maggior parte dei casi però si tratta di azoto), e vista sotto l'aspetto dell'immersione avanzata/tecnica.....

NARCOSI DA INERTE (azoto)

Ø Ogni gas inerte ha un suo potenziale narcotico. Nell’immersione avanzata interessa soprattutto l’azoto.
Ø ARIA: 20.9% OSSIGENO – 79% AZOTO (circa)
Ø L’azoto respirato ad elevate ppN2 ha effetto narcotico. Nelle immersioni profonde, per limitarne gli effetti può essere sostituito con altri inerti (es. elio).

Ø PERCHE’?

Ø Ipotesi Mayer-Overton: ogni gas inerte esercita un’azione depressiva sul SNC quando una sufficiente dose di esso si trova disciolta nelle cellule adipose del sistema nervoso.
Ø Teoria dell’iceberg: Il gas disciolto in un liquido causa un maggior ordine delle molecole del liquido (effetto iceberg).Le dimensioni dell’iceberg sono proporzionali alle proprietà anestetiche del gas. Gli iceberg si formano quindi anche nell’acqua delle componenti proteiche e lipoproteiche dei tessuti nervosi, costituendo degli ostacoli alla conduttività dei filamenti nervosi

Potenziali Narcotici Relativi
Elio (He)..........................4,26
Neon (Ne).......................3,58
Idrogeno (H2)................1,83
Azoto (N2)......................1,00
Argon (A).......................0,43
Kripton (Kr)..................0,14
Xenon (Xe)...............0,0039

Ø Si considera trascurabile a prof. Inferiori ai 24 mt.
Ø Sintomi gravi/gravissimi possono essere:
1. Senso di maggior sicurezza
2. Stato depressivo
3. Apprensione
4. Fobie
5. Minor tolleranza allo stress
6. Alterazione della coordinazione muscolare o delle capacità motorie
7. Confusione mentale
8. Riduzione delle capacità percettive e/o di giudizio
9. Diminuzione della capacità di reazione/risoluzione di problemi
10. Perdita della memoria a breve termine à amnesia
11. Disturbi visivi/visione a tunnel
12. Senso di incombente black out
13. Perdita di conoscenza
(elenco NON esaustivo)

Ø L’aggravarsi della sintomatologia ed il mancato riconoscimento del livello di narcosi da parte del subacqueo possono rapidamente portare allo shock narcotico (situazione in cui la caduta delle facoltà mentali è gravissima e repentina) con conseguente perdita di ogni capacità di reazione o risoluzione autonoma dei problemi da parte del sub.
Ø I sintomi di cui sopra sono definiti gravissimi o APERTI in quanto comportano l’insorgenza di ulteriori problemi, come ad esempio comportamenti sbagliati (es. il senso di maggior sicurezza può portare a “spingere” ulteriormente sulla profondità) ovvero portano a gravi conseguenze fisiche, talvolta fatali (in particolare se il soggetto è solo).

QUINDI?

Ø E’ necessaria una GESTIONE della narcosi di medio livello
Ø PREVENZIONE assoluta della narcosi di livello elevato
Ø Si può verosimilmente definire narcosi di medio livello quella sentita da un sub preparato ed in buone condizioni a profondità comprese fra i -50 e -60 mt.
Ø Mai sottovalutare il livello di narcosi di queste profondità; basti pensare che sono imposte come limite dai corpi militari, ovvero da persone con caratteristiche fisiche e psicologiche certamente migliori di quelle in cui si trova il subacqueo medio.
Ø Quindi il medio livello narcotico deve essere quantificato in maniera soggettiva, e corrisponderà ad una “zona di comfort” in cui il subacqueo:
1. è a conoscenza del grado di narcosi a cui è sottoposto;
2. lo riesce a controllare;
3. non è sottoposto ad eccessivo stress;
4. non ha una tale riduzione delle facoltà psicomotorie tale da compromettere una sua reazione in situazioni di emergenza.
Ø SUPERAMENTO del livello medio narcotico
Ø Si può considerare come segno di superamento di tale livello l’insorgenza di uno di sintomi (gravi) definiti sopra
Ø Necessità di rientrare al “medio livello”, risultato ottenibile generalmente (non sempre) risalendo a profondità inferiori
Ø La reazione deve essere decisa e aggressiva, può darsi che ci restino pochi istanti prima di un grave peggioramento
Ø SHOCK NARCOTICO è una situazione in cui la caduta delle facoltà mentali è gravissima e repentina.
Ø La prevenzione deve essere totale in quanto la situazione di shock è difficilmente rimediabile in maniera autonoma. E’ necessario l’intervento di un altro soggetto.

FATTORI PREDISPONENTI/SCATENANTI

Ø Aumento della pressione parziale dell’anidride carbonica (cattiva respirazione/sforzi eccessivi/affanno)
Ø Freddo (specie in caso di improvvise diminuzioni della temperatura dell’acqua)
Ø Alcool/farmaci possono avere effetti depressivi sui centri nervosi che si vanno a sommare a quelli provocati dall’azoto
Ø Condizioni fisiche scarse
Ø Velocità di discesa troppo rapida o incontrollata può portare ad un rapido peggioramento della narcosi fino a giungere allo shock
Ø Assenza di visibilità/mancanza di punti di riferimento provocano confusione mentale
Ø Stress dovuto ad altri fattori (fisico/psicologico)

CONTENIMENTO

Ø Concentrazione
Ø Necessità di rimanere sempre svegli e concentrati perché nel momento in cui si “molla”, ci si prende una “pausa” la narcosi può avere il sopravvento.
Ø Deve essere focalizzata sui parametri dell’immersione, non su fattori esterni.
Ø Il contenimento della narcosi non deve diventare ossessione in quanto questo porta a sottovalutare o dimenticare parametri, compiti e obiettivi dell’immersione, innalza il livello di stress

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venerdì 12 ottobre 2007

giovedì 11 ottobre 2007

mercoledì 10 ottobre 2007

Elogio di un esploratore, Sheck Exley....mai sentito?



Sarebbe interessante sapere cos’avrebbe da dire Reinhold Messner circa la morte di Sheck Exley. Exley, di 45 anni, professore di matematica a Live Oak, Florida, morì il 6 Aprile 1994, nel tentativo di raggiungere i –300 mt. In una grotta in Messico (Zacaton).
La tentazione di tracciare un paragone tra i due uomini è forte: Exley, l’esploratore di grotte sommerse da un lato, Messner lo scalatore dall’altro. Entrambi avevano una meritata reputazione di essere i migliori nei loro campi. Negli anni entrambi videro i loro contemporanei morire; presto, nelle loro carriere, entrambi guardarono i loro stessi fratelli morire davanti ai loro occhi. Messner in alto, fra le montagne, ed Exley giù, nelle limpide acque di Wakulla Spring. Oggi Messner, anche se ancora vivo e arzillo, soffre gli effetti della privazione di ossigeno dovuta alla respirazione dell’aria rarefatta tipica delle alte quote; dall’altro lato Exley è morto respirando la densissima aria delle grandi profondità.
Aprite le enciclopedie sotto la voce delle più lunghe e profonde grotte in America e inevitabilmente vi apparirà il nome di Exley. Se nessuno potrebbe azzardarsi a dire che l’immersione in grotta è priva di rischi, Exley dimostrò che poteva essere fatta in sicurezza se praticata con conoscenza, meticolosità e preparazione. Ha letteralmente scritto “il Libro” (in realtà ne scrisse molti) sulle pratiche per la sicurezza nella speleosubacquea. Fu il primo al mondo a registrare più di 1000 immersioni in grotta. In oltre 29 anni di speleosubacquea ne fece più di 4000.
Come Reinhold Messner, Exley sembrava avere un sesto senso, una misteriosa abilità di capire esattamente quando era il momento di spingersi oltre e quando quello di indietreggiare un po’. Come Messner c’erano volte in cui sembrava invulnerabile, troppo furbo per essere preso nelle trappole che avevano causato la morte di altri.
Sheck Exley si distinse in particolar modo per aver violato i limiti consolidati di distanza e profondità raggiungibili nelle grotte. A Cathedral Canyon Spring in Florida (un luogo che aveva talmente tante potenzialità che Sheck acquistò il terreno e vi si trasferì), nel 1990 conseguì il Record del Mondo di penetrazione percorrendo una distanza di oltre due miglia (sottacqua) nel corso di un’immersione in solitaria che durò undici ore e mezza.
Exley era altrettanto famoso per la sua esperienza nelle immersioni profonde, una sfida ancora più tecnica e affascinante. All’aumentare della profondità, i subacquei devono respirare aria a pressione altrettanto elevata. Sotto pressione l’azoto nella comune aria che respiriamo causa narcosi, una sorta di ubriachezza che aumenta con la profondità. Lo stesso ossigeno che ci permette di vivere diventa tossico a profondità superiori ai 60 mt (circa), anche se Exley, uno dei pochi ad essersi immerso ad oltre 120 mt. respirando comune aria compressa e riuscendo tuttavia a sopravvivere dimostrò che ciò era possibile anche ben al di sotto dei fatidici 60 mt.
La soluzione più pratica per chi ha la necessità di compiere immersioni a grandi profondità è quella di utilizzare miscele di gas come il Trimix, che contiene una percentuale più bassa di ossigeno e azoto sostituiti da una percentuale di elio.
Mentre i primi esperimenti nell’utilizzo di miscele di gas avevano avuto tragici esiti negli USA (l’amico di Exley Louis Holtzendorf morì in una di queste immersioni), Exley provò, con le sue immersioni profonde nella sorgente conosciuta come “Nacimiento del Rio Mante”, in Messico, lep potenzialità dell’uso di Trimix nelle immersioni in grotta. Queste miscele non solo permettevano al subacqueo di scendere a grandi profondità senza farlo soccombere sotto gli effetti della narcosi o della tossicità dell’ossigeno, ma riducevano anche i tempi delle decompressioni durante la risalita.
A partire dal 1979 Exley cercò in maniera metodica di aprirsi la strada verso sempre maggiori profondità nella grotta del Rio Mante. Nel marzo 1989, utilizzando Trimix, stabilì il record del mondo scendendo a 881 piedi (circa 268 mt), riemergendo dopo 14 ore di decompressione senza alcun inconveniente. Prima di lui solo i sub commerciali, gli OTS (Operatori Tecnici Subacquei), lavorando in campane che fornivano aria respirabile attraverso tubi ombelicali e costituivano la base d’appoggio per giorni o settimane di decompressione un tipo di supporto impensabile nelle grotte) erano andati più profondi di lui.
In tempi recenti Exley e il suo team continuarono le loro esplorazioni di grotte profonde e risorgive. Nell’agosto del 1993 Exley raggiunse 863 piedi (circa 263 mt) a Bushmansgat, in Sudafrica. Dopo di quella il team si concentrò su una grotta conosciuta come “Pit 6350”, a nord di Tampico in Messico. A settembre Jim Bowden si immerse a 774 piedi (circa 235 mt) nelle scure e fangose acque della risorgiva. Ann Kristovich, medico del team, scese a 541 piedi (c.a. 164 mt) stabilendo un nuovo record femminile (il precedente era stato di Mary Ellen Eckoff, ex moglie di Exley, nel Rio Mante). Alla fine della spedizione di Settembre, il team annunciò che nonostante più di trenta immersioni a grandi profondità, non avevano incontrato problemi legati alla pressione. Il programma per il futuro prevedeva immersioni oltre i –300…
Il numero aveva un dolce suono; 300 mt sarebbero stati una pietra miliare, un balzo in avanti. Inoltre era realisticamente realizzabile, solo 119 piedi (36 mt) più giù del record di Exley del 1989.
Il 6 aprile Jim Bowden e Sheck Exley entrarono nelle acque del Pit 6350 (Zacaton). Dopo mesi di calcoli meticolosi e ripetute pianificazioni era giunto il momento della discesa vera e propria. In 11 minuti Bowden stabilì il nuovo record di 925 piedi (284 mt), risalendo dopo circa 12 ore di decompressione. Nell’acqua fangosa Bowden vide Exley solo per un momento, quando lo superò continuando a scendere, sempre più giù. Kristovich, in qualità di sub di supporto, monitorava dalla superficie, guardando le due scie di bolle, finchè non ne vide soltanto una. La ex moglie di Exley, Mary Ellen scese a 279 piedi (85 mt), dove uno sperone di roccia avrebbe potuto blocare la risalita delle bolle. Non vide nulla.
Cosa successe a Sheck? Una delle ipotesi avanzate nel corso degli anni è quella di violenti tremori dovuti all’elio contenuto nella miscela respiratoria, conosciuti come HPNS (Sindrome nervosa da alta pressione). Irresistibilmente attratto dal magico “1000” (1000 piedi = 300 mt) Exley potrebbe aver continuato la discesa nonostante l’insorgere dei tremori. O forse non ci furono sintomi ad avvertirlo di un’imminente crisi convulsiva. D’altronde la fisiologia di una così rapida discesa a tali profondità è a tutt’oggi per lo più incompresa o sconosciuta. Possiamo solo speculare sul fatto che da qualche parte nell’oscurità (a che profondità non si saprà mai) Exley svenne e affogò.
Dopo l’incidente fu chiaro che il corpo di Exley non sarebbe mai stato recuperato (“l’unico uomo in grado di fare un tale recupero era proprio l’uomo che giaceva li sotto” disse Bowden). Tuttavia quando furono recuperate le cime di discesa, tre giorni dopo, il suo corpo fu trovato impigliato in una di queste. Chi lo conosceva bene è sicuro solo di una cosa: Exley non fu preso dal panico. Più di una volta in passato aveva messo a repentaglio la sua vita per salvarne un’altra, facendo prevalere i suoi nervi d’acciaio sulle più spaventose condizioni.
Quindi, come fai a piangere un uomo che è morto spingendo oltre i limiti di uno sport che la maggior parte delle persone considera a dir poco avventato? Cosa si può dire di una persona che conosceva l’immensità dei rischi, e tuttavia li affrontò? “E’ morto facendo qualcosa che amava e che sapeva fare meglio di tutti” disse Bowden. Forse questo è tutto ciò che uno potrebbe o dovrebbe dire.Gli Sheck Exley e i Reinhold Messner di questo mondo soppesano i rischi, valutano le conseguenze e fanno le loro scelte di conseguenza, senza chiedere il nostro consenso o la nostra compassione.
Sheck morì nello stupido inseguimento di un record senza senso, o fu un pioniere che portò ad un livello superiore le nostre conoscenze circa le immersioni a grandi profondità? Mi piace pensare che Messner sarebbe incline a scegliere la seconda…
Un amico di Exley lo descrisse come un uomo che cercava sempre di sbirciare dietro ad ogni angolo. Si immerse a profondità sempre maggiori perché le grotte che esplorava lo richiedevano. Perché qualcosa, che la maggior parte di noi non capirà mai, lo richiamava irresistibilmente oltre…